venerdì 23 dicembre 2016

"Violenza assistita" e "orfani speciali"

Una delle conseguenze più nefaste legate ai casi di violenza domestica ai danni delle donne e a quelli più estremi di femminicidio è rappresentata dall'insieme di effetti a breve e a lungo termine sofferti dai figli della coppia maltrattante-maltrattata. Abbiamo già visto in precedenti post quali fattori possano spingere un uomo a maltrattare la propria compagna, così come abbiamo potuto considerare per quali motivi una donna vittima di violenza non riesca ad allontanarsi dal suo aguzzino. Ciò che non avevamo ancora approfondito sono, appunto, i danni psicologici riportati da quei minori che per anni, impotenti, assistono alle violenze a cui la madre è sottoposta. Sono quei minori che, una volta che il padre sia arrivato a uccidere la compagna e che, fortunatamente, non abbia deciso di eliminare anche gli stessi figli, sono chiamati "orfani speciali". A questo tema si è oggi dedicata la trasmissione Forum, in onda su Canale Cinque, che mi sono trovato casualmente a seguire e che mi ha spinto a spendere opportunamente due parole sull'argomento.

Abbiamo già detto che, in un numero considerevole di casi, le madri vittime di violenza non si allontanano dal compagno violento perché, non essendo economicamente indipendenti, temono, innanzitutto, di non poter assicurare ai propri figli quelle possibilità che, ritengono, sarebbero garantite solo grazie alle risorse del partner. La donna maltrattata, dunque, in un estremo gesto d'amore, si sacrifica per quello che la stessa crede possa essere il bene del resto della famiglia. Purtroppo, queste donne non riescono a comprendere che la c.d. "violenza assistita" ha su quegli stessi figli che vorrebbero proteggere conseguenze molto serie. In primo luogo, infatti, non è difficile immaginare quale possa essere la tensione a cui dei bambini siano soggetti nel vedere la propria madre frequentemente insultata, picchiata e, talvolta, persino violentata. Sono vari i disturbi psichici che possono insorgere in conseguenza di questa drammatica situazione, considerato che l'ambiente domestico, che dovrebbe essere luogo di sicurezza e affetto, diviene, invece, teatro di scene di violenza di diverso genere e grado. L'effetto più deleterio, tuttavia, è quello che si manifesta nel lungo termine: può accadere, infatti, che nel minore che abbia assistito alle violenze in esame maturi nel tempo una concezione distorta del rapporto che dovrebbe esistere tra i componenti di una coppia; in questa immagine distorta la violenza viene gradualmente concepita come parte integrante di una relazione. Più tenera è l'età del bambino, maggiore è la probabilità che in futuro questi possa adottare una condotta simile a quella tenuta a suo tempo dal padre maltrattante. Soprattutto nel caso in cui il minore, una volta adulto, instauri una relazione con una donna che a sua volta abbia subito abusi in età infantile e che tenda a legarsi a un certo tipo di individui maltrattanti, è molto probabile che tra i due si riproponga uno schema comportamentale coincidente con quello a cui il violento, da bambino, ha avuto la sfortuna di assistere per molto tempo e che, di fatto, egli è arrivato a considerare come normale e legittimo.

In seguito alla tragedia, i minori che siano sopravvissuti alla stessa si ritrovano a essere orfani, interessati da un trauma enorme e molto difficile da gestire qualora non si intervenga in modo tempestivo, avviando un adeguato percorso terapeutico che possa prevenire effetti come quelli sopra richiamati. Purtroppo, nella realtà questo non sempre avviene e molti bambini, senza l'assistenza di personale qualificato, crescono lacerati da una tremenda ferita che molto difficilmente riesce a guarire.