domenica 16 ottobre 2016

Criminal Profiling

Credo siano ben poche le persone che sentendo parlare di criminal profiling non pensino immediatamente a film e serie tv di grande successo, che negli ultimi decenni hanno dovuto la loro fortuna a sceneggiature incentrate proprio su questa particolare scienza. Basti pensare al cult "Il silenzio degli innocenti" o a serie come "Criminal Minds", giusto per citare una delle più note. Difficile sorprendersi di un tale successo, si tratta indubbiamente di una disciplina che esercita un notevole fascino. Colpisce anche il fatto che molti di coloro che si avvicinano per la prima volta alla criminologia, nell'ambito di un corso di laurea o semplicemente da apppassionati, credono che essa coincida sostanzialmente proprio con il criminal profiling. Effettivamente, oggi sono in tantissimi a pensare che la figura del criminologo corrisponda a quella del "profiler", così spesso vista sul grande e piccolo schermo.  Ma il criminal profiling rappresenta in realtà soltanto una piccola parte dell'universo-criminologia, potendosi collocare nell'ambito di una criminologia, potremmo dire, di carattere prettamente investigativo. In massima sintesi, cerchiamo allora di fare un po' di chiarezza per capire in che cosa consista precisamente questa disciplina e quali siano i suoi principi basilari.

Per criminal profiling si intende la disciplina che in base allo studio del modus operandi di un soggetto ignoto cerca di elaborarne un profilo criminale, non solo per aiutare a meglio orientare le indagini degli inquirenti, ma anche per proporre idonee strategie di interrogatorio nei confronti di eventuali sospettati che possano rispondere al detto profilo. Si può sostenere che la precisione e l'attendibilità di un profilo criminale sono in stretto rapporto col numero di delitti commessi dal soggetto: ricorrendo una situazione di serialità (la commissione di più crimini dello stesso tipo, ma non solo), è infatti meno arduo elaborare un profilo che tenga concretamente in considerazione gli elementi desumibili dalle diverse scene dei crimini. Possiamo dire che ogni delitto, soprattutto se dello stesso tipo di quello precedente, permette di scorgere un particolare lineamento della psiche del soggetto ignoto. Attenzione: non bisogna pensare che un profilo criminale possa essere elaborato solo in occasione di omicidi, potendo infatti essere delineato anche al ricorrere di delitti meno gravi, come molestie e aggressioni che non si concludano con la morte della vittima. Il modus operandi, cioè lo schema comportamentale adottato dall'autore del delitto e finalizzato alla consumazione di questo, viene studiato dai c.d. "profilers" esaminando vari elementi: condizioni in cui si presenta la scena del crimine; caratteristiche della vittima; armi utilizzate dal soggetto ignoto; se c'è stato omicidio, lo stato in cui è rinvenuto il cadavere (per esempio, si guarda alla presenza o meno di particolari mutilazioni che possano presentarsi come "firma" dell'assassino, o ancora si considera se questi abbia compiuto sul cadavere atti di natura sessuale).

Le origini del criminal profiling risalgono già alla fine dell'800, quando in Inghilterra alcuni studiosi cercarono di elaborare il profilo dell'assassino conosciuto come "Jack lo squartatore". Oggi, quando pensiamo alla figura del profiler (cioè di chi cerca appunto di delineare il profilo criminale di un soggetto ignoto che si vuole identificare) tendiamo a fare innanzitutto riferimento all'FBI. Ed effettivamente è negli Stati Uniti che nel 1972, per opera degli agenti speciali Howard Teten e Patrick Mullany, nasce la famosa Behavioural Science Unit, oggi denominata Behavioural Analysis Unit. Per intenderci, si tratta dell'unità specializzata nell'analisi di crimini particolarmente violenti alla quale si fa riferimento nel telefilm "Criminal Minds".

Non esiste un unico modello su cui si fonda il criminal profiling, in quanto diversi studiosi, nel corso degli anni, ne hanno proposti di varie tipologie, anche in rapporto al particolare genere di delitti che richiedono il contributo della disciplina in esame.
Uno dei più noti è senza dubbio quello degli americani Douglas e Ressler, che, in rapporto ai casi di omicidi seriali, in base al modus operandi del soggetto ignoto, propongono la distinzione tra serial killer organizzato e serial killer disorganizzato.
Per amore di precisione, diciamo innanzitutto che cosa si intenda propriamente per serial killer: secondo la definizione proposta dall'FBI e generalmente condivisa dalla comunità scientifica, un serial killer è un soggetto che uccide almeno 3 persone in eventi distinti e in luoghi diversi e con un c.d. "intervallo emotivo" tra i vari omicidi (per intenderci, è come se l'impulso omicida riaffiorasse con forza solo col passare di un particolare lasso di tempo, che non va considerato immutabile nel corso della "carriera" del predatore, bensì assolutamente variabile). Le vittime possono essere scelte in base a particolari criteri o tendenzialmente a caso.
Tornando al modello di Douglas e Ressler, questi studiosi ritengono che sia possibile procedere a una distinzione tra serial killers considerando innanzitutto il livello di organizzazione manifestato nel compimento degli omicidi. In particolare, il s.k. organizzato ha, per così dire, il pieno controllo della situazione: si preoccupa di non lasciare tracce che possano portare alla sua identificazione, pianifica con cura il delitto, personalizza la vittima (essa, cioè, pur essendo sconosciuta, è scelta non a caso e assume per l'assassino un preciso valore e significato), ama generalmente sfidare le forze dell'ordine impegnate nelle investigazioni. Il s.k.disorganizzato, invece, agisce d'impulso, incapace di ogni tipo di pianificazione; la scena del crimine riflette spesso il disordine mentale presente nell'assassino: l'arma del delitto è frequentemente rinvenuta, così come altre tracce che possono facilitare l'identificazione del soggetto e che lo stesso non ha avuto premura di eliminare. La vittima è generalmente già conosciuta dal killler, che tuttavia tende a "depersonalizzare" la sua preda: all'atto di uccidere, infatti, l'assassino scarica le proprie pulsioni sulla vittima, che nel drammatico momento perde identità, divenendo solamente un bersaglio su cui scatenare l'istinto omicida.
Altro modello molto noto e decisamente più elaborato è quello di Holmes e Holmes, che, in base al modus operandi e tenendo sempre in considerazione la differenza tra assassini organizzati e assassini disorganizzati, distinguono principalmente 4 categorie di killer seriali:
- i s.k. visionari, che uccidono sostanzialmente a causa della psicosi da cui sono affetti; c'è dunque una patologia mentale che provoca una frattura più o meno totale con la realtà e che spinge il soggetto a uccidere (per esempio, si pensi al caso di allucinazioni visive o uditive per le quali l'omicida è portato a credere che forze sovrannaturali esigano l'uccisione di altre persone)
- i s.k. missionari, che uccidono solamente un certo tipo di persone perché considerate meritevoli di morire per determinati motivi; pensiamo, per esempio, al caso di un soggetto che senta che la sua missione sia quella di eliminare senzatetto o prostitute, perché ritenuti non meritevoli di vivere all'interno della società
- i s.k. edonisti, che uccidono per puro piacere; attraverso l'omicidio questi soggetti ricercano e ottengono principalmente o piacere sessuale, assecondando le proprie estreme perversioni, o anche unicamente il "brivido" che essi collegano al togliere la vita ad altre persone
- i s.k. sadici, che commettono gli omicidi soprattutto per la sensazione di totale dominio che possono provare nei confronti della vittima, torturata a lungo prima di essere uccisa.
Considerando queste categorie, si può dire che solamente per le ultime due la massima importanza è riconosciuta all'atto in sé dell'omicidio, che diviene vero e proprio rituale. Vi è dunque generalmente massima pianificazione, e il modus operandi coincide essenzialmente con quello tipico di un s.k.organizzato. Per i visionari e i missionari, invece, l'omicidio non diviene rito, ma è solamente azione che consente di sfogare l'impulso omicida avvertito e difficile da sopprimere (per alcuni Autori, sopprimere questo impulso non è solo difficile, ma impossibile). Mentre i missionari possono essere sia organizzati che disorganizzati, i visionari sono tendenzialmente assassini disorganizzati.

I modelli proposti, come visto, si concentrano sui casi di omicidi seriali. Ma abbiamo detto che il criminal profiling apporta il suo importante contributo al ricorrere non solo di omicidi, ma anche di aggressioni e violenze di vario tipo, di carattere sessuale e non. Ricordiamo allora i modelli di Hazelwood (che propone diversi possibili profili di stupratori), di Mullen (che si concentra sui profili dei persecutori/stalkers), di Lanning (per i molestatori di bambini).
In ogni caso, il modus operandi del soggetto ignoto fornisce elementi importantissimi ai fini investigativi.